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Nasce viziato da una logica neo-colonialista il Forum di dialogo per la pace in Libia

Ha preso il via oggi a Tunisi il Forum di dialogo per la pace in Libia. Il Forum è stato organizzato dalla Missione ONU in Libia (UNSMIL), guidata da Stefhanie Williams, l’ex incaricata d’affari degli Stati Uniti a Tripoli.

Al Forum prendono parte 75 personalità del paese nordafricano in rappresentanza di varie fazioni impegnate nel conflitto. La ripresa del processo negoziale e la decisione di dichiarare una tregua per i prossimi due mesi sembrerebbero un importante passo in avanti verso la pacificazione del paese e la sua riunificazione. Purtroppo appare alquanto improbabile che il Forum possa conseguire questi obiettivi: la regione sta nel metodo usato dall’UNSMIL e da Stephanie Williams per stabilire chi avrebbe preso parte al Forum, che di fatto ha esautorato i libici stessi da ogni decisione sul loro futuro.

Pesanti ingerenze americane

Sarà, infatti, proprio la Williams, e dunque gli Stati Uniti, a nominare personalmente chi occuperà le posizioni chiave della nuova leadership libica.

La Missione ONU, in qualità di organizzatore del Libyan Forum for Political Dialogue, ha stabilito quali saranno i requisiti in base ai quali saranno selezionati il nuovo premier libico, nonché il presidente del consiglio presidenziale e i suoi due vice.

Queste figure saranno decise dai 75 partecipanti al Forum. Ma come sono stati scelti costoro? Sono state individuati dall’UNSMIL. Dunque tutte le personalità sgradite a Stephanie Williams sono già state di fatto escluse dal processo di pace: un approccio poco inclusivo e rispettoso dell’autodeterminazione del popolo libico.

Non a caso la lista degli invitati ha già subito pesanti critiche da parte di numerose forze politiche del paese.

Queste hanno messo in discussione la loro legittimità. A farlo è stato innanzitutto il Consiglio degli sceicchi e dei notabili, espressione delle tribù, che hanno evidenziato come 45 dei 75 partecipanti al Forum risultino affiliati ai Fratelli Musulmani.

Ma c’è di più. Chiunque voglia essere candidato a una qualunque carica della nuova compagine governativa libica deve preventivamente ottenere il sostegno di almeno 10 delegati al Forum. Sebbene essi siano già stati preventivamente selezionati dalla stessa UNSMIL, questa dispone di un ulteriore strumento di controllo, in quanto solo la Missione ONU potrà stabilire se i candidati soddisfano pienamente i requisiti previsti per accedere alle cariche. I criteri previsti sono i più svariati, alcuni davvero vaghi e bizzarri: uno di essi, ad esempio, è “l’equilibrio psicologico”. In sostanza qualora un candidato venisse eletto dai partecipanti al Forum, ma non venisse ritenuto dotato del necessario “equilibrio psicologico” da parte dei funzionari UNSMIL verrebbe immediatamente dichiarato non eleggibile.

La discrezionalità della Missione ONU è dunque totale

Essa si è assunta, inoltre, il diritto di decidere in piena autonomia chi assumerà un certo incarico. Infatti, qualora nessun candidato ottenesse almeno il 75% dei voti dei partecipanti al Forum (dunque 57 su 75) l’esito dell’elezione sarà determinato dall’UNSMIL in base alle sue valutazioni.

Di fatto sarà l’UNSMIL (e dunque gli Stati Uniti che attraverso la Williams stanno gestendo l’intero processo) a stabilire come sarà composta la nuova leadership libica. Nessun candidato indipendente potrà avere chance di vittoria con un sistema così congegnato.

Non è soltanto l’assenza di democraticità di un simile metodo a destare profonde perplessità, ma anche la mortificazione della sovranità libica.

In questo modo gli USA tornano prepotentemente sulla scena nel paese nordafricano, estromettendo tutti gli altri attori esterni che finora avevano giocato un ruolo ed emarginando alcuni protagonisti del conflitto. Non soltanto Khalifa Haftar si vede escluso in questo momento dal processo di pace, ma anche soggetti come Turchia e Italia, che finora avevano sostenuto il Governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dall’ONU.

Dopo aver lasciato spazio di manovra in Libia a Russia, Francia, Qatar, Emirati Arabi, Turchia e Italia, gli USA intendono dunque stabilire una pesante influenza in Libia tramite l’UNSMIL e Stephanie Williams.

L’approccio si rivela però brutale, con pesanti venature neo-colonialiste, se non razziste. Ricorda molto da vicino i mandati della Società delle Nazioni successivi alla Prima Guerra Mondiale, allorchè le “illuminate” nazioni europee si assumevano “l’onere” di governare “popolazioni ancora non sufficientemente civilizzate”. Un approccio oggettivamente umiliante per gli arabi del XXI secolo.

Tutto questo accade mentre Joe Biden e Khamala Harris si apprestano ad occupare la Casa Bianca e artefici dell’intervento statunitense in Libia nel 2011 come Susan Rice e Michèle Flournoy nutrono serie speranze di diventare rispettivamente Segretario di Stato e Segretario alla Difesa USA.

Pace o guerra?

Cosa ci possiamo attendere da un simile, brutale atteggiamento. L’estromissione di fatto dei libici da qualunque processo decisionale difficilmente potrà portare a compimento un concreto processo di pace. Gli americani sembrano non aver saputo fare tesoro dell’esperienza del 2015, allorchè fu stipulato l’accordo di Skhirat che portò alla formazione del Governo di Accordo Nazionale.

Quell’accordo aveva basi assai più solide di quello che si va costruendo adesso, vi presero parte vari attori reali del conflitto inter-libico, eppure si è risolto in un fallimento completo, perché non si ritenne di coinvolgere le fazioni vicine al generale Haftar e all’Esercito Nazionale Libico. Tale circostanza ha portato ad esacerbare lo scontro tra Tripolitania e Cirenaica.

Il quadro tracciato dall’U(NSMIL appare ancora più fragile e in grado di far precipitare nuovamente la situazione. Il riaccendersi dello scontro sul campo potrebbe avere come effetto la giustificazione di un intervento militare diretto degli Stati Uniti, ma una simile circostanza genererebbe solo ulteriore caos nella regione.

E’ proprio ciò che prevede uno dei partecipanti al Libya Political Dialogue Forum, il parlamentare libico Misbah Douma Ouhida, che ha affermato:  “Questo forum produrrà un accordo che porterà la crisi libica la punto di partenza, aggravando le divisioni e generando ancora più confusione, la quale potrebbe protrarsi per diversi anni”.

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