Le soluzioni preconfezionate dell’ONU insieme alle ambizioni degli islamisti stanno compromettendo il processo di pace
L’insoddisfazione dei libici
Il presidente del Council for International Relations in Libia, Adel Yassin, ha espresso forti perplessità nei confronti del meccanismo di voto adottato al Libyan Political Dialog Forum (LPDF) di Tunisi, sottolineando come la missione ONU abbia cercato di favorire l’organizzazione estremista dei Fratelli Musulmani, individuata come suo interlocutore privilegiato nello scenario libico.
Secondo l’esperto, è quantomeno bizzarro che l’UNSMIL, guidata dal Rappresentante speciale ad interim per la Libia del Segretario generale ONU, Stephanie Williams, abbia deciso di coinvolgere nei negoziati la Fratellanza Musulmana, che in molti paesi del mondo arabo (e non solo) è considerata un’organizzazione estremista e persino terroristica.
Inoltre, l’esperto libico ha rilevato come almeno “due terzi dei partecipanti provenissero dall’organizzazione dei Fratelli Musulmani” (riprendendo un’accusa già sollevata in precedenza)e fossero impegnati a difendere gli interessi del Qatar e della Turchia.
Infine, Yassin ha accusato la missione Onu di portare avanti “un pericoloso gioco internazionale che spingerà la Libia nell’abisso”, col rischio di prolungarne la crisi, fino al punto di renderla simile a quella somala.
Nei giorni scorsi, vari esponenti politici libici avevano criticato l’LPDF. Hassan al-Saghir, ad esempio, ex sottosegretario agli Affari Esteri, ha accusato Stephanie Williams di aver invitato al Forum autentici criminali che avrebbero dovuto essere assicurati alla giustizia e non legittimati politicamente.
Anche 112 membri della Camera dei rappresentanti (il Parlamento di Tobruk) e diverse loro controparti di Tripoli avevano manifestato forti dubbi sul profilo di legalità di alcuni partecipanti al Forum di Tunisi.
Una maggioranza radicale
Anche prima del lancio dell’LPDF il 7 novembre, molte personalità libiche avevano espresso timori per la sproporzionata rappresentanza concessa ai Fratelli Musulmani in un’assemblea che si proponeva di dar vita a un governo di transizione accettabile da tutte le parti in conflitto
Mohamed al-Misbahi, capo del Consiglio supremo degli sceicchi e dei notabili libici, aveva dichiarato come il Consiglio da lui presieduto respingesse “la frode ai danni del popolo libico di imporre l’agenda politica dei Fratelli Musulmani per la Libia attraverso la missione Onu”.
Su 75 partecipanti al forum 42 sono collegati in qualche modo con i Fratelli musulmani. Già solo questo potrebbe porre la parola fine ai lavori del Forum, la prima sessione del quale, come prevedibile, si è conclusa con un nulla di fatto: qualche generica dichiarazione e l’annuncio delle elezioni da tenersi il prossimo anno, senza tuttavia la formazione di un governo di transizione.
Il Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite, guidato da Fayez Sarraj, è sostenuto dai Fratelli Musulmani, oltre che dal Qatar e dalla Turchia, considerati i principali sostenitori della Fratellanza sulla scena internazionale. Tuttavia, la Libia orientale e meridionale continuano ad essere controllate dall’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar, nemico giurato dei Fratelli musulmani. Haftar è sostenuto da Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Francia, paesi che hanno più volte dichiarato di voler combattere “l’Islam politico”. Per Haftar, i suoi sostenitori in Libia e i suoi partner internazionali, la posizione predominante nell’LPDF riconosciuta alla Fratellanza è semplicemente inaccettabile, rendendo illegittime ai loro occhi le decisioni che vi potrebbero essere assunte.
I criteri di selezione dei partecipanti non hanno solo minato la fiducia di gran parte dei libici nel Forum, ma rischiano di screditare addirittura l’opera dell’ONU nel suo complesso, dal momento che sono stati i funzionari dell’ UNSMIL e Stephanie Williams in persona a sceglierne direttamente 49 su 75.
Il pericolo di una nuova escalation
Perché la Williams ha deciso di agire in questo modo? Molto probabilmente intendeva imporre ai libici soluzioni preconfezionate “per superare la crisi”. Tuttavia, né lei né l’UNSMIL sono riusciti a gestire i candidati teoricamente fedeli alla loro linea. Il forum di Tunisi è stato caratterizzato da intrighi di ogni tipo, compresi palesi tentativi di corruzione nei confronti dei delegati.
Proprio uno dei favoriti della Williams e tra i principali candidati alla carica di Primo Ministro ad interim – l’attuale ministro dell’Interno del GNA Fathi Bashagha – è sospettato di corruzione.
In passato, quando la Williams era stata incaricata d’affari degli Stati Uniti nel paese, Bashagha aveva lavorato a stretto contatto con lei, proponendole addirittura di ospitare una base militare statunitense in Libia.
È possibile a questo punto che gli americani continuino a sostenere l’ipotesi Bashagha come Primo Ministro del nuovo governo, utilizzando le Nazioni Unite e il format del Forum di dialogo politico libico. D’altronde anche le ambizioni del personaggio sono palesi.
Eppure, come osserva il Guardian, “Fathi Bashagha, che spera di diventare il primo ministro ad interim della Libia, è considerato dagli Emirati Arabi Uniti e dalle forze nell’est della Libia pienamente sotto l’influenza sia dei Fratelli Musulmani che della Turchia”.
Se Bashagha salisse al potere, esacerberebbe tutti i problemi sul tappeto. E’, infatti, accusato di crimini di guerra e di aver partecipato personalmente a torture.
Durante lo scorso agosto, dopo che unità del ministero dell’Interno avevano sparato sulla folla nel corso di una manifestazione a Tripoli, c’era stato un tentativo di rimuoverlo dall’incarico. Tuttavia, dopo una visita in Turchia, Bashagha è stato prontamente reintegrato.
Persino gli americani hanno dovuto ammettere che il ministero dell’Interno libico è implicato in rapporti inconfessabili con i trafficanti di esseri umani. Inoltre, è noto il fatto che Bashagha protegga i radicali del gruppo islamista Rada, accusato di essere autore di vari rapimenti a Tripoli.
Qualora Bashagha salisse al potere, è probabile che nel prossimo futuro debba affrontare Haftar sul campo di battaglia. Il feldmaresciallo è molto insoddisfatto dei risultati conseguiti attraverso il “processo di pace”. Lui ei suoi sostenitori, quando ad agosto hanno accettato la tregua, si aspettavano una soluzione di compromesso, non l’imposizione di un rappresentante radicale dei Fratelli Musulmani alla guida del governo “legittimo”.
Ma seppure Haftar si astenesse dall’azione militare, è molto probabile che nella stessa Tripoli scoppi un conflitto militare. L’influente Tripoli Protection Force si è già ripetutamente scontrata con gli uomini di Bashagha e lo ha apertamente contestato. Difficilmente potrebbe accettarlo alla guida dell’esecutivo, per cui Tripoli diverrebbe il campo di battaglia di una nuova guerra civile.
Uno scontro fratricida anche più grave dei precedenti in virtù del fatto che avverrebbe a conclusione di un processo che screditerebbe definitivamente l’UNSMIL e l’intera struttura delle Nazioni Unite agli occhi dei libici, che non ne riconoscerebbero più la terzietà.
C’è una via d’uscita da questa situazione? Il minimo indispensabile sarebbe una maggiore cautela nella scelta dei candidati a membri del nuovo governo, individuando figure di compromesso come il vice primo ministro del GNA Ahmad Maiteeq, considerato un tecnico neutrale. Sarebbe inoltre importante non imporre ai libici soluzioni preconfezionate. Ad essi dovrebbe essere possibile decidere del proprio destino senza pressioni esterne e, in questo senso, scegliere come luogo d’incontro una città della Libia, piuttosto che Tunisia, Marocco o Svizzera, verrebbe recepito come un segnale di fiducia, oltre a mettere i delegati maggiormente al riparo dall’influenza delle potenze straniere.